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Studio italiano svela la possibile causa dell'insufficienza cardiaca

Cardiologia Redazione DottNet | 20/09/2018 20:55

I ricercatori del Campus Bio-Medico di Roma hanno scoperto il ruolo decisivo della resolvina D1

I ricercatori dell'Università Campus Bio-Medico di Roma hanno scoperto e dimostrato, per la prima volta, il ruolo decisivo di una molecola lipidica, la resolvina D1, nell'insorgenza dell'insufficienza cardiaca cronica. Si tratta di una patologia grave che si manifesta con l'impossibilità del cuore di pompare adeguatamente il sangue. Una malattia che in Italia rappresenta la seconda causa di ricovero, dopo il parto, e colpisce il 10% della popolazione over 75, nonché l'1,2% delle persone tra i 18 e i 40 anni. Oltre a manifestarsi in un quarto dei pazienti con infarto entro quattro anni dall'evento. Enormi le ricadute sociali per chi ne soffre.

La malattia si scopre con l'elettrocardiogramma e la visita cardiologica, ma viene certificata dall'eco-cuore, che quantifica la (ridotta) capacità di contrazione del muscolo cardiaco. A quel punto, il rischio di episodi di scompenso è sempre dietro l'angolo, fino alla necessità urgente di un trapianto. Gli scienziati hanno evidenziato la ridotta presenza della resolvina D1 nel sangue dei malati presi in esame. "Un difetto - sottolinea Mauro Maccarrone, ordinario di Biochimica della Facoltà di Medicina di Ucbm e primo autore della ricerca - che è originato da una ridotta capacità da parte delle cellule immunitarie dell'organismo di sintetizzare questo particolare lipide, tanto che meno è presente e più grave è la condizione patologica del soggetto".

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Gli esperti hanno anche dimostrato che il ripristino di tale resolvina - simulato attraverso il trattamento in vitro dei linfociti T isolati dal sangue dei pazienti - non è comunque sufficiente a controllare le risposte infiammatorie che si originano nel muscolo cardiaco: questo perché è stato scoperto che i ridotti livelli di resolvina D1 sono accompagnati, nell'insufficienza cardiaca cronica, anche da una ridotta espressione del recettore responsabile di mediarne gli effetti biologici. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Faseb Journal, è stato condotto in collaborazione con l'Unità Operativa Complessa di Geriatria del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico diretta da Raffaele Antonelli Incalzi.

Fonte: ansa

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